STORIA DEL REIKI
“L’unico vero maestro non è in nessuna foresta, non è in nessuna capanna, non è in nessuna caverna di ghiaccio dell’Himalaya: è dentro di noi.” – Tiziano Terzani
Un po’ di storia…
Giappone, 1922. Mikao Usui, uomo colto e di grande introspezione, studioso buddista ed esperto karateka, durante un lungo ritiro spirituale fatto di meditazione e digiuno sul monte Kurama percepì distintamente l’energia scorrere in lui. A differenza di noi occidentali, Usui come molti orientali aveva una certa familiarità con il concetto di energia; inoltre, la sua personale ricerca da molti anni era finalizzata alla definizione di una tecnica che sfruttasse l’energia per ristabilire equilibrio tra corpo e mente, per ritrovare la salute. Era nato il Reiki.
I risultati furono talmente sorprendenti che in poco tempo la tecnica del Reiki, termine giapponese che indica REI – energia dell’Universo e KI – energia della persona, divenne popolare in tutto l’Impero. Nel 1923, Usui si distinse per aver curato con il Reiki, insieme ai suoi allievi, migliaia di feriti a seguito del terremoto che distrusse Tokio e venne insignito di alti onori dal suo Imperatore. Morì dopo soli cinque anni dalla fondazione della prima scuola di Reiki ma non senza aver formato oltre duemila allievi e diversi insegnanti (detti Maestri o Mater), grazie ai quali la sua tecnica si diffuse nel mondo.
Il Reiki delle origini era permeato di una ritualità tutta giapponese; essendo il suo scopritore uno dei massimi esperti di Qi Gong (Kiko in giapponese) e Karate, la tecnica da lui praticata era una mescolanza di meditazione, canti, Kiko e varie discipline. Il Reiki ‘metodo Usui’ ad oggi insegnato in occidente e diffuso nel mondo ha perso questo bagaglio profondamente nipponico che lo avrebbe reso ostico e difficilmente comprensibile ai più mantenendo invece, immutata nel tempo, la sua vera essenza racchiusa nella trasmissione dell’energia. I primi allievi della Scuola del Reiki spendevano anni prima di apprenderne la complessità del Reiki delle origini, basato molto sull’intuito del praticante, a differenza dei moderni reikisti che lo padroneggiano dopo poche ore di corso.
Il Reiki usato oggi in occidente nonché il più diffuso nel mondo, è il cosiddetto Reiki Metodo Usui di guarigione naturale e deve la sua diffusione alla Signora Hawayo Takata. Quando invece ci si vuole riferire al Reiki delle origini, quello che “non è uscito” dal giappone se non in anni molto più recenti, si parla di ‘Reiki giapponese’ o ‘tradizionale’. La sostanza è la stessa, come abbiamo detto cambia solo la forma.
Era la vigilia della seconda guerra mondiale quando Hawayo Takata, nipponica ma nata alle Hawaii, si recò in Giappone presso la prima Clinica del Reiki fondata dal dottor Chujiro Hayashi, allievo di Usui, per tentare l’impossibile nella cura di un tumore in stato avanzato. Guarì con il Reiki, dopo un intenso periodo di trattamenti somministrati giorno e notte: entusiasta tornò in America solo dopo aver avuto il permesso di insegnare Reiki all’estero, pratica alla quale dedicò l’intera vita con gratitudine. Fu quindi Hawayo Takata ad inizio anni ’70 ad alleggerire il Reiki della sua componente più formale, comprendendo che, in quella veste, non avrebbe mai potuto fare breccia nello spirito pratico degli occidentali, meno portato all’astrazione. A lei dobbiamo le posizioni standard ad oggi insegnate nel Reiki, grazie alle quali anche agli allievi non ancora dotati di intuito riescono a praticarlo con eccellenti risultati.
In base all’esperienza pratica, altre modifiche vennero apportate trasformando il Reiki in una tecnica quotidiana praticata da milioni di persone di ogni credo e razza, grazie alla sua semplicità e all’assenza di dogmi. Nel 1980, alla morte di Hawayo Takata, si contavano solo 22 insegnanti di Reiki (capaci quindi di creare non solo allievi ma nuovi insegnanti). In breve tempo però il Reiki si diffuse in tutto il mondo, diventando oggi talmente conosciuto e usato da essere largamente diffuso anche in ambito ospedaliero e sanitario, nelle scuole e in ogni angolo remoto del pianeta.
A Takata si deve anche la diffusione, in occidente, della credenza secondo cui Mikao Usui fu un monaco cristiano che studiò in America. Questa favola ‘a fin di bene’ venne raccontata inizialmente con lo scopo di permettere ai suoi contemporanei di avvicinarsi al Reiki senza che i loro stessi pregiudizi glielo precludessero. Com’è facile comprendere, gli americani post Seconda Guerra Mondiale non avrebbero provato alcuna attrattiva ma solo diffidenza per il Reiki, se avessero avuto a che fare con le idee di un giapponese (poco amato soprattutto dopo la terribile sconfitta di Pearl Harbor), monaco (non cristiano) di una corrente buddista diffusa in Giappone e sposato (Usui aveva due figli, non era quindi un religioso ‘di professione’ ma solo una persona spirituale). In questo modo gli americani avrebbero rischiato di perdere per sempre una grande occasione, e noi europei con loro.
Questa storiella è fortunatamente sempre meno diffusa: la verità su Usui emerse senza drammi pochi anni fa grazie ad un Master Reiki tedesco, Frank Petter, il quale a Tokyo trovò sulla tomba di Usui un memoriale, tuttora visibile, che ne racconta la vita.
Il Reiki è un’invenzione di Mikao Usui?
Si tratta di una riscoperta. A Usui attribuiamo l’indiscusso merito di averla codificata in una tecnica. Infatti, da sempre la storia dell’uomo è costellata di guarigioni basate sulla manifestazione e trasmissione dell’energia vitale, la stessa in grado di produrre e custodire ogni forma di vita nell’Universo. Lo narrano tutte le culture, sotto forma di leggende, aneddoti o vere e proprie abilità attribuite a sciamani, monaci, sacerdoti o medici delle varie epoche. I tibetani, ad esempio, già migliaia di anni fa avevano una comprensione profonda dell’uomo, dello spirito, della materia e dell’energia: erano capaci di sfruttare queste conoscenze per guarire il corpo, armonizzare l’anima ed innalzare il proprio spirito sentendosi un tutt’uno con il creato. Questa stessa conoscenza la ritroviamo in India, in Cina e in Giappone, nel bacino del mediterraneo e nelle americhe, mutata nella denominazione e talvolta nella pratica ma intatta nel suo contenuto.
In seguito al suo percorso di ricerca, Mikao Usui ne scoprì nuovamente la chiave rendendo ancora possibile l’applicazione di questa antichissima tradizione di guarigione naturale: il suo più grande merito fu di insegnarla ad altri, codificandola con i mezzi che la sua cultura gli forniva, e di trasmetterla ai suoi allievi non serbando questo tesoro per sé né coprendolo di misticismo.
Nel termine Reiki è racchiusa la sostanza che lo accumuna alle altre tecniche energetiche. La sillaba REI indica l’energia nel suo aspetto universale mentre KI denomina la forza vitale della persona, l’energia che scorre in tutto ciò che vive. Tutti i popoli hanno riconosciuto la presenza di questa forza vitale chiamandola in molti modi, energia, KI per i giapponesi (usato anche nella pratica del Karate), Chi oppure Qi per i cinesi (presente nelle discipline di meditazione in movimento, come il Tai Chi), Prana per gli Indù, energia bioplasmica nell’est Europa, fluido vitale per gli alchimisti, luce violetta o comunemente, spirito di Dio, forza creatrice.
E’ curioso notare che proprio la fisica quantistica, sviluppatasi sul postulato di Einstein ‘la materia è energia’, teorizza l’esistenza di Dio come l’Universo che concepisce sé stesso e ricorre spesso al concetto del divino per spiegare le sue scoperte o il perché delle sue ricerche. Alcuni esempi: il bosone di Higgs dalla sua scoperta è stato chiamato colloquialmente ‘la particella di Dio’, la fisica quantistica è definita ‘l’indagare il pensiero di Dio’ o la celebre frase ‘Dio non gioca a dadi con l’Universo’ attribuita proprio ad Albert Einstein.